Per molti esperti di politica internazionale, o appassionati di relazioni internazionali e geopolitica, la cosiddetta special relationship con gli Stati Uniti d’America era un primato – o uno status – che apparteneva alla Gran Bretagna. Forse è ancora così[1], ma il modo in cui gli USA si prendono cura del benessere e della sicurezza dello stato Ebraico va al di là di ogni special relationship. Questo è un legame indissolubile, infrangibile. Una partnership che pare essere divinamente voluta se vista sotto la lente religiosa: la Sacra Bibbia accomuna Cristiani ed Ebrei e questo legame religioso viene più volte citato negli interventi dei due leader nel corso della conferenza stampa per la presentazione dell’accordo[2].
Nell’anno delle elezioni per la corsa alla Casa Bianca, periodo in cui ogni candidato cerca di accaparrarsi il più alto numero di sostenitori tra la comunità Ebraica e quella Evangelica – fondamentali in Stati come la California e New York, così come negli Stati della cosiddetta Bible Belt[3] – il Presidente Trump ha firmato il 28 gennaio 2020, insieme al Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, la nuova strategia americana per il Medio Oriente o, per meglio dire, un accordo per la soluzione al conflitto israelo-palestinese. Il testo, di 80 pagine, è stato acclamato come l’“Accordo del Secolo”, ed è stato intitolato “Peace to Prosperity – A Vision to Improve the Lives of the Palestinian and Israeli People”[4]. In breve, esso prevede il riconoscimento ufficiale da parte degli USA dei territori occupati da parte di Israele nel 1967 in seguito alla Guerra dei Sei Giorni[5]. Da parte sua, Israele dovrà congelare la costruzione degli insediamenti in Cisgiordania nei successivi quattro anni. In cambio dell’accettazione delle clausole, le Autorità palestinesi sono invitate a definire i dettagli dell’accordo la cui accettazione implicherà il raddoppio del territorio del futuro Stato Palestinese. Al nuovo soggetto, denominato “Nuova Palestina”, verrà concessa la possibilità di stabilire la propria Capitale nella stessa Gerusalemme ma limitatamente alla periferia Est – dove sorgono i quartieri arabi – dal momento che essa, tuttavia, rimarrà l’unica e indivisibile capitale dello Stato Ebraico. Secondo i dettami dell’accordo, è previsto – inoltre – un investimento di circa 50 miliardi di Dollari che servirà a rendere i palestinesi (esclusa la partecipazione di Hamas) meno dipendenti dagli aiuti umanitari, a ricostruire un’economia basata sul commercio e a creare migliaia di posti di lavoro per la costruzione di grandi infrastrutture in tutto il paese. All’ANP vengono richiesti impegni fondamentali e di difficile riuscita: la fine del terrorismo contro lo Stato di Israele, il riconoscimento dello Stato Ebraico e la smilitarizzazione della Nuova Palestina. Secondo gli ideatori, l’accettazione dell’accordo permetterebbe, nel lungo periodo, di arrivare all’azzeramento del numero dei rifugiati palestinesi e alla fine dello United Nations Relief and Works Agency (UNRWA)[6].
Il testo presenta numerosi elementi di criticità. Ad esempio il negoziato, durato oltre tre anni di presidenza Trump[7], è stato preparato soltanto dai maggiori esponenti dell’amministrazione israeliana ed americana, molti dei quali di origine ebraica[8]. Esso, quindi, non ha mai visto la partecipazione delle autorità palestinesi, che avevano chiuso i rapporti diplomatici con la Casa Bianca già dopo il riconoscimento da parte degli USA di Gerusalemme come capitale indivisibile di Israele[9].
Se l’accordo venisse accettato, come si presenterebbe al mondo la “Nuova Palestina”? Cartina alla mano, potrebbe essere descritta come un “arcipelago palestinese in un mare israeliano”[10], uno Stato geopoliticamente e socialmente difficile da governare, gestire e difendere, specialmente alla luce della sua estrema frammentazione e della clausola di smilitarizzazione.
Le reazioni, le più disparate, non sono mancate. Il mondo arabo si è spaccato in quattro, con Egitto ed Emirati Arabi Uniti che invitano a valutare seriamente la proposta, Turchia ed Iran che la condannano in toto, la Giordania che invita alla cautela, mentre i restanti rimangono in silenzio[11]. Analoghe reazioni si rispecchiano nel resto del mondo. Il Segretario-Generale ONU, António Guterres, invita alla prudenza e rinvia le proprie conclusioni successivamente allo scrutinio e al voto del Consiglio di Sicurezza sull’accordo[12]. In Europa, visti i vari dossier che occupano le scrivanie della Commissione (si pensi al caos provocato dalla Brexit, alla questione libica e siriana, al continuo spauracchio dei populismi, l’impatto che il Coronavirus avrà sull’economia globale ed europea, ecc.), regna la confusione più assoluta: un’incertezza che parte da Bruxelles, precisamente dall’Alto Rappresentante Josep Borrell[13] che fa da voce anche alla Francia[14] e all’Italia[15], le quali non sanno da quale parte dello scacchiere schierarsi ma che rimangono tendenzialmente favorevoli alla soluzione di due Stati; passando dalla Germania, col suo solito equilibrismo diplomatico[16]; fino alla Gran Bretagna che, invece, appoggia l’accordo più per consuetudinaria prassi riguardo la partnership con gli USA che per vero interesse[17]. Hamas, dal canto suo, non poteva che definire questo piano come “la truffa del secolo”[18]. Un no che parte da lontano e che non si trasformerà in sì fintantoché non saranno rispettate le clausole previste dagli Accordi di Oslo del 1993, il quale riconosceva la Palestina come Stato indipendente basato sui confini del 1967[19]. Il rischio per Ramallah, però, è quello di rimanere sola: senza un forte e sostenuto appoggio da parte del resto del mondo arabo, obbligata a fronteggiare un Presidente più risoluto che mai a chiudere un conflitto che dura da quasi un secolo, potrebbe infatti trovarsi costretta ad accettare un accordo oggettivamente sfavorevole ma inevitabile.
Sicuramente, questa è una chiara strategia elettorale, una tattica a marchio di fabbrica Trump per impressionare il suo elettorato Evangelico-Ebraico proprio a pochi giorni dalle celebrazioni del giorno della memoria in ricordo delle vittime dell’olocausto. Sebbene lo show dell’“Accordo del Secolo” abbia impressionato l’opinione pubblica generale, la cosa che sorprende di più – in realtà – è la straordinaria capacità d’influenza che gli israeliani hanno avuto – e che continuano ad avere – nel manovrare a proprio favore la politica estera statunitense riguardo questioni di maggiore interesse per lo Stato ebraico. In questo senso, l’accordo viene letto come antitetico agli Accordi di Oslo e sarebbe destinato a riscrivere la storia della legittimità internazionale in Palestina, finora basata sulla risoluzione dell’ONU 242/1967[20].
Non c’è alcun dubbio che questo “piano per la pace” sia il prodotto di una relazione tra due Nazioni legate da principi biblici e trascendentali, frutto di un legame tra due leader politici – uno ebreo e l’altro cristiano-evangelico – che vogliono la restaurazione di un Israele biblico, sicuro perché inserito in un contesto religiosamente ostile allo stato giudaico. Nonostante la forza diplomatica, economica e militare che i due Stati insieme possono disporre, il rischio che il mondo musulmano reagisca duramente contro un accordo deciso unilateralmente è alto. Trump, con grande astuzia, sta giocando il suo all-in per poter essere rieletto per un secondo mandato alla Casa Bianca nel novembre di questo nuovo decennio. Il suo 2020 non poteva iniziare con una sfida più grande.
A cura di Cristian Morelli
Note:
1) S. Bloomfield, “The Not So Special Relationship. How Trump Has Bewildered the United Kingdom”, Foreign Affairs, 9 ottobre 2019, https://www.foreignaffairs.com/articles/europe/2019-10-09/not-so-special-relationship (30 gennaio 2020).
2) Remarks by President Trump and Prime Minister Netanyahu of the State of Israel in Joint Statements, The White House, Washington D.C. (USA), 28 gennaio 2020, https://www.whitehouse.gov/briefings-statements/remarks-president-trump-prime-minister-netanyahu-state-israel-joint-statements/ (10 febbraio 2020).
3) J.J. Mearsheimer & S. M. Walt, The Israel Lobby and US Foreign Policy, Penguin Books, Londra, 2008, pp. 163-164.
4) “Peace to Prosperity. A Vision to Improve the Lives of the Palestinian and Israeli People”, The White House, Washington D.C., gennaio 2020, https://www.whitehouse.gov/wp-content/uploads/2020/01/Peace-to-Prosperity-0120.pdf (30 gennaio 2020).
5) Si tratta delle Alture del Golan (Siria), di tutte le colonie costruite nel corso dei decenni nella West Bank e della Valle del Giordano, così come di Gerusalemme, capitale indissolubile dello Stato ebraico.
6) A. De Luca, Israele-Palestina: Trump presenta il suo “Accordo del Secolo”, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 28 gennaio 2020, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/israele-palestina-trump-presenta-il-suo-accordo-del-secolo-24957?fbclid=IwAR2Mkpd7UyG6j04dQ6bzY6EQauQfxkhzSYdAunqbMYVOq6-x-lup0tsfbuU (30 gennaio 2020).
7) La sua pubblicazione ha tardato ad uscire a causa delle varie crisi di governo che hanno colpito Israele nel corso dell’ultimo mandato del PM Netanyahu e del suo difficile insediamento alle ultime elezioni. J. Hinks, Trump Is Finally Presenting His Middle East “Peace Plan”. Here’s What We Know So Far, Time, 27 gennatio 2020, https://time.com/5772514/trump-middle-east-peace-plan-netanyahu-gantz/ (30 gennaio 2020).
8) Si veda https://www.jewishvirtuallibrary.org/jews-in-donald-trump-administration (30 gennaio 2020).
9) A. De Luca, Israele-Palestina: Trump presenta il suo “Accordo del Secolo”, op. cit.
10) Si veda https://www.monde-diplomatique.fr/cartes/l_atlas_un_monde_a_l_envers/a60660 (30 gennaio 2020).
11) A. De Luca, Israele e Palestina: The day after, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 29 gennaio 2020, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/israele-e-palestina-day-after-24966?fbclid=IwAR3VX1Q1ldRT9HPbc5KQ-qRSw_0IwEqMFFvQnK_xkPXkEyRFXh70IvkN9jY (30 gennaio 2020).
12) Si veda https://www.un.org/press/en/2020/sc14103.doc.htm (28 febbraio 2020).
13) Si veda https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-homepage/73960/mepp-statement-high-representativevice-president-josep-borrell-us-initiative_en (28 febbraio 2020).
14) “France says will study Trump’s Mideast peace plan closely”, Reuters, 28 gennaio 2020, https://www.reuters.com/article/us-israel-palestinians-plan-france/france-says-will-study-trumps-mideast-peace-plan-closely-idUSKBN1ZS0JM (28 febbraio 2020).
15) Si veda https://www.open.online/2020/01/29/donald-trump-piano-di-pace-usa-israele-e-palestina-posizione-governo-italiano/ (28 febbraio 2020).
16) Si veda https://www.dw.com/en/germany-europe-react-to-trumps-middle-east-peace-plan/a-52182434 (28 febbraio 2020).
17) G. Dentice, “Gli azzardi e i rischi della proposta di Trump in Medio Oriente: Europa e Italia alla finestra?”, European Council on Foreign Relations, Roma, 29 gennaio 2020, https://www.ecfr.eu/rome/post/gli_azzardi_e_i_rischi_della_proposta_di_trump_in_medio_oriente_europa_e_it?fbclid=IwAR07G5Ze50348MbBloGXZB9X3Iw2KeuOA_EAZI–vt0q7fObkwN0EY_u9no (30 gennaio 2020).
18) A. De Luca, Israele e Palestina: The day after, op. cit.
19) G. Dentice, “Gli azzardi e i rischi della proposta di Trump in Medio Oriente: Europa e Italia alla finestra?”, op. cit.
20) S/RES/242(1967), Security Council, United Nations, New York, 22 novembre 1967, https://unispal.un.org/DPA/DPR/unispal.nsf/0/7D35E1F729DF491C85256EE700686136 (10 febbraio 2020).
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