Nell’immagine in evidenza la Yavuz, nave da trivellazione turca inviata da Ankara nella Zee contesa con Cipro © ANSA
CHIARA CORRADI | Nel 2021 il profilo internazionale della Turchia è ben diverso da quello di dieci anni fa. Anche se la trasformazione dell’azione esterna turca si radica negli anni ‘90, cioè nel momento di mutamento strutturale del sistema internazionale fino ad allora bipolare, è con l’ascesa al potere di Erdogan, a partire dai primi anni 2000, che la politica estera turca ha assunto specifici caratteri di novità.
Nel 1952, quando la Turchia aderisce alla NATO, in politica interna il paese è permeato dal kemalismo laico, mentre in politica estera si volge al blocco occidentale come orizzonte strategico di adesione in funzione antirussa. Per posizione geografica, si trova su una faglia geopolitica di primaria importanza, al confine tra i due blocchi, e diventa componente essenziale del sistema di difesa collettiva dell’Occidente.
Quando nel 2010 la rivista Foreign Policy inserisce il Ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoğlu nella lista dei 100 pensatori più influenti per “essere il cervello che sta dietro al risveglio globale della Turchia” [1], la Turchia già mostra di aspirare ad un ruolo più attivo nelle relazioni internazionali. Tuttavia, essa rimane legata agli Stati Uniti e all’UE e conduce una politica internazionale guidata dal principio zero problems towards neighbours attingendo a strumenti di soft-power come cooperazione economica e culturale, peace diplomacy e cooperazione multilaterale [2].
Di cosa sia rimasto di questo principio oggi è difficile dire. La politica estera recente è definita neo-ottomana e ha come scopo primario quello di riportare la Turchia ad essere una potenza regionale – se non internazionale – proiettando tale potenza su quelle aree un tempo soggette all’Impero Ottomano. In più, essa assume una retorica nazionalista e islamista (attualmente la Turchia supporta la Fratellanza Mussulmana) e si declina con elementi di pan-turchismo (unione di tutti i popoli turchi) e turanismo (unione dei popoli ugro-finnici o turanici).
Il governo ha anche cominciato a condurre in maniera più assertiva la sua politica estera tramite strumenti di hard power, come dimostrano la crescita dell’86% della spesa militare negli ultimi dieci anni [3] e la produzione made in Turkey di armamenti di cui il paese aspira a divenire esportatore al pari di altre potenze globali [4]. Tra le tecnologie di guerra turche vi sono i droni, prodotti in Turchia e impiegati nelle operazioni in Nagorno-Karabakh, in Libia e nella provincia siriana di Idlib con scopi dimostrativi piuttosto efficaci dato che Ucraina, Qatar e Azerbaijan ne hanno acquistato alcuni esemplari [5].
Nucleo e direttrice fondamentale della politica estera neo-ottomana è la dottrina della Mavi Vatan (patria blu) [6, 7]. Con essa si vuole restituire alla Turchia – a lungo relegata a paese terrestre e anatolico e ad attore minore – il ruolo di potenza marittima. Essa deve divenire capace di proiettare la propria forza navale nel Mar Nero, nel Mar Egeo e nel Mar Mediterraneo (sul quale cui si affaccia con 1700 km di costa), nonché in spazi marittimi più lontani quali Mar Rosso, Mar Caspio, Mar Arabico Golfo Persico, ottenendo concessioni di basi navali e militari lungo queste direttrici. Nel Mar Rosso e in prossimità dello stretto di Bab-el-Mandeb, in Somalia e Gibuti, si aggiudica basi militari e navali.
Questa stessa visione ha portato al riaccendersi di tensioni [8] nel Mediterraneo orientale dove la Turchia si vede isolata: nel 2020 Italia, Cipro, Israele, Egitto, Autorità Nazionale Palestinese, Grecia hanno dato vita all’Eastern Mediterranean Gas Forum (EMGF) che ha lo scopo di sfruttare le risorse energetiche in quelle acque escludendo proprio Ankara [9].
La Turchia non è attiva solamente in Libia, Siria e Nagorno-Karabakh [10]; piuttosto, essa tenta anche di proiettarsi verso i Balcani e l’Adriatico – concludendo accordi di cooperazione militare con l’Albania [11] – e la sponda nord del Mar Nero, avviando una cooperazione in campo spaziale e satellitare con l’Ucraina, a cui fornisce anche corvette e droni. [12, 13] Al pari, nella regione dell’Indo-pacifico, la Turchia conduce annualmente esercitazioni navali congiunte con il Pakistan ed esporta armamenti e corvette nel paese asiatico [14].
Come spiegare dunque la riformulazione in questi termini dell’azione esterna della Repubblica Turca? Sul fronte interno, con i successi all’estero si spera in un effetto rally-around-the-flag positivo per un regime che si sente insicuro, soprattutto a fronte delle difficoltà economiche che persistono dal 2018 [15]. Tuttavia, giocano un ruolo importante anche l’ideologia nazionalista islamica del partito AKP di Erdogan e del suo alleato di governo (MHP) – causa, tra l’altro, di contrasto con le monarchie del Golfo, Egitto ed Israele -, l’allontanamento dai partner occidentali (specie dopo l’arenarsi del processo di adesione all’UE), e fattori geo-economici: la Turchia ha bisogno di assicurarsi la sicurezza energetica fondamentale per la stabilità economica e sociale, mentre è anche paese di transito di corridoi energetici importanti che sono messi in pericolo dalla conflittualità regionale.
Quali fattori esterni che spingono il governo ad agire per la sicurezza nazionale vi è l’instabilità nella regione, apertasi con le primavere arabe a partire dal 2011. L’afflusso di rifugiati dai teatri di guerra, la persistenza di guerre ai suoi confini, il pericolo dell’attivismo militare e politico curdo e la penetrazione russa nella regione, sono elementi che spingono il paese ad intervenire per l’interesse nazionale.
Gli sviluppi della politica estera turca si inseriscono però anche in un contesto storico più ampio. La configurazione bipolare del sistema internazionale durante la Guerra Fredda aveva impedito la riemersione della Turchia quale attore di primo piano. Negli anni ’90, quando il mondo pareva incentrato su un equilibrio unipolare con gli USA al suo centro, la Turchia continuò a gravitarvi intorno tenendo a bada spinte o ambizioni di potenza regionale. Ecco che il sistema internazionale attuale, in un mondo multipolare e caotico in cui gli USA presentano i caratteri di un impero in declino, lascia spazio di manovra a piccole e medie potenze che vogliano tornare a contare. È quel che accade nel caso della Russia, che ha dimostrato di essere attore imprescindibile degli eventi mediorientali. È quel che accade alla Turchia, che ha dimostrato di saper condurre una propria azione esterna – in Nagorno-Karabakh, in Siria e in Libia – in modo autonomo, ottenendo i risultati attesi, negoziando con la Russia e lasciando fuori i paesi occidentali.
Restano aperti però problemi di sostenibilità di lungo periodo di questa politica. Una sua conseguenza è stata quella di alienare la Turchia ai partner occidentali: in dicembre gli USA hanno comminato sanzioni all’agenzia governativa turca che si occupa delle forniture militari a causa dell’acquisto dei sistemi antimissilistici russi S400, espellendo in aggiunta il paese dal programma di produzione degli F35. [16] A ciò sono seguite dalle sanzioni europee [17]. Nella disputa nel Mediterraneo orientale, inoltre, l’UE copre le spalle alla Grecia, mentre la Turchia ha come alleati regionali solamente il Qatar e il GNA libico dinanzi ad un fronte del gas antiturco organizzato intorno all’EMGF.
In questa situazione, la Turchia non può pensare né di condurre la propria azione estera in solitaria, né di ricalibrare le alleanze strategiche a favore della Russia, con la quale, infatti, permangono inconciliabili interessi in Siria, nel Caucaso e nel Mar Nero. La crisi economica, inoltre, aggravata dalla pandemia, rischia di rendere eccessivamente gravose per le risorse statali la continuazione delle operazioni militari all’estero e la spesa nell’industria della difesa, mentre richiede un avvicinamento agli USA e agli Europei per evitare ulteriori sanzioni economiche, in una fase in cui il governo cerca di attrarre investimenti esteri. [18].
Attualmente la situazione si arricchisce di nuove incognite con il recente insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca che spinge gli attori mediorientali, inclusa la Turchia, a un riallineamento nell’attesa di scoprire le intenzioni del nuovo presidente riguardo lo scenario mediorientali. Così si spiegano gli ultimi eventi, a cominciare dall’aperture amichevole dell’Arabia Saudita alla Turchia nel novembre 2020 [19] e dall’annuncio di un riavvicinamento tra EAU e Turchia [20]. Con riferimento ai rapporti con l’Europa, segnali di distensione arrivano nei confronti della Francia, con cui la tensione era giunta a livelli critici soprattutto in relazione alla questione islamica [21] e della Grecia, con cui il 25 gennaio è stato ripreso il dialogo con il 61° round di colloqui sulla delimitazione della ZEE [22].
Fonti:
- Foreign Policy’s Second Annual List of the 100 Top Global Thinkers | Foreign Policy (archive.org)
- Foreign Policy’s Second Annual List of the 100 Top Global Thinkers | Foreign Policy (archive.org)
- https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/nuovo-protagonismo-della-turchia-nello-scacchiere-regionale-28164
- https://www.army-technology.com/features/featureturkeys-formidable-defence-industry-rising-star-or-natos-unruly-ally-4207115/
- Congressional Research Service, 9/11/20, Turkey: Background and U.S. Relations In Brief https://crsreports.congress.gov
- https://www.huffingtonpost.it/entry/dentro-la-dottrina-marittima-turca-della-mavi-vatan-che-accende-lo-scontro-con-la-grecia_it_5f4671ccc5b6cf66b2b16182
- https://uwidata.com/14849-a-geopolitical-vision-for-turkey-at-the-end-of-2020/
- https://foreignpolicy.com/2020/08/18/eastern-mediterranean-greece-turkey-warship-geopolitical-showdown/
- https://www.reuters.com/article/us-mideast-energy-idUSKCN26D14D
- https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/turchia-la-geopolitica-di-erdogan-25000
- https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2020/04/23/tirana-approva-accordo-cooperazione-militare-la-turchia/#:~:text=Il%20Parlamento%20dell%27Albania%20ha,delle%20Forze%20Armate%20di%20Tirana.
- https://www.mil.gov.ua/en/news/2020/12/15/corvettes-and-combat-drones-ministry-of-defence-has-concluded-direct-agreements-with-turkish-companies-andrii-taran/
- https://www.defensenews.com/space/2020/12/14/turkey-ukraine-seeking-broader-space-cooperation/
- https://www.iiss.org/blogs/analysis/2020/04/dmap-turkey-and-pakistan-a-special-relationship
- https://www.huffingtonpost.it/entry/erdogan-cambia-uomini-ma-la-crisi-economica-turca-non-si-ferma_it_5faa3f41c5b6f21920df3942
- https://www.agi.it/estero/news/2020-12-15/sanzioni-usa-turchia-sistema-missilistico-russo-10680601/
- https://www.huffingtonpost.it/entry/dalleuropa-sanzioni-cosmetiche-alla-turchia-erdogan-ringrazia_it_5fd360aec5b68256b1146cc9
- https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/la-turchia-mette-alla-prova-la-nato-e-rischia-lisolamento-23523
- https://www.dailysabah.com/opinion/op-ed/what-is-behind-saudi-arabias-rapprochement-with-turkey
- https://www.middleeasteye.net/news/turkey-uae-normalisation-welcomes-not-convinced
- https://www.lopinion.fr/edition/international/lettre-macron-a-erdogan-cher-tayyip-parlons-nous-233925?utm_source=twitter&utm_medium=social&utm_campaign=barre-partage-site
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