Dagli Asburgo a Maastricht: nazionalisti sì, ma europei.

Artenisa Fili |

Negli ultimi anni, il nazionalismo e il sovranismo sono spesso descritti dai media e dagli osservatori politici come una minaccia per l’unità europea. L’affermazione “siamo troppo nazionalisti per essere europei”1 sintetizza quest’ansia diffusa: il radicamento identitario e l’affermazione della sovranità nazionale minacciano l’unità europea. 

Un’analisi dell’ISPI ricorda come l’integrazione europea era nata anche per neutralizzare il nazionalismo bellicoso che aveva condotto a due guerre mondiali: ma ancora oggi, secondo l’analisi, “l’ideologia nazionalista con i suoi atteggiamenti di pregiudizio e intolleranza” continua a rappresentare un serio “ostacolo sulla via dell’unione politica europea”.2  

Tuttavia, è necessario distinguere tra forme diverse di nazionalismo e sovranismo, evitando generalizzazioni che impediscono di comprenderne le potenzialità. Il termine “nazione” deriva dal latino natio, sostantivo derivante dal verbo nascere, cioè il popolo presso il quale si è nati. Da qui il concetto di “nazionalismo”, inteso come: (1) l’ideologia che promuove lo Stato nazionale, o (2) il processo politico e culturale che legittima e costruisce tale Stato3

È importante distinguere questo nazionalismo dal sovranismo politico e dal populismo. Il sovranismo politico enfatizza il potere dello Stato nazionale in contrapposizione a istituzioni sovranazionali come l’UE, spesso con modalità conflittuali; il populismo è   

la mentalità che individua il popolo come una totalità organica artificiosamente divisa da forze ostili gli attribuisce naturali qualità etiche, ne contrappone il realismo, la laboriosità e l’integrità all’ipocrisia, all’inefficienza e alla corruzione delle oligarchie politiche, economiche, sociali e culturali e ne rivendica il primato come fonte di legittimazione del potere, al di sopra di ogni forma di rappresentanza e di mediazione.4 

Il Novecento è stato segnato da due grandi ideologie che rispondono a due domande fondamentali molto diverse: il comunismo interroga “di che cosa l’individuo ha bisogno?”, mentre, il liberalismo si chiede “come può l’individuo realizzare appieno sé stesso?”. Tuttavia, entrambe queste domande sono precedute da una questione ancora più fondamentale: chi sono?5 Solo nel momento in cui si riesce a definire la propria identità, si può poi pensare a quelli che sono veramente i propri bisogni e la realizzazione dei propri desideri. L’identità costituisce una necessità fondamentale6: senza riconoscimento identitario, l’individuo rischia di cadere in anomia e alienazione.7 

In questo contesto, è utile ricordare la celebre frase del filosofo e storico francese Ernest Renan: “la nazione è il plebiscito di ogni giorno”.8 Una nazione non è solo un’entità definita da storia e territorio, ma si basa su una decisione continua e condivisa dai suoi cittadini, che scelgono di vivere insieme e di valorizzare una comune eredità culturale e di ricordi. È un “plebiscito” quotidiano perché il senso di appartenenza si rinnova costantemente attraverso la volontà di appartenere, implicitamente o meno, a quel gruppo e a quei valori.  

È altrettanto necessario sottolineare la realtà dall’ideologia di una “falsa Europa”:9 un’Europa omogenea, in cui tutto si scioglie e diventa indistinto, una società multietnica e multiculturale in cui si perdono radici, tradizioni e valori condivisi. La storia dimostra che una tale Europa omogenea non è mai esistita; la “vera Europa” è sempre stata un insieme di pluralità culturali, politiche e linguistiche.  

L’Europa è storicamente un mosaico di Stati e culture: valorizzare le identità nazionali non significa ostacolare l’integrazione, ma renderla più concreta e legittima agli occhi dei cittadini. Nel corso dei secoli, numerosi tentativi di unificare o omogeneizzare il continente si sono scontrati con la realtà politica del balance of power: ogni aspirazione egemonica – dagli Asburgo nel XVII secolo, alla Francia di Luigi XIV e Napoleone fino al 1815, fino alla Germania nel XX secolo10 – ha suscitato coalizioni di Stati volte a limitarne l’espansione. La storia europea mostra così che l’unificazione forzata è destinata a fallire, e che l’Europa è sempre stata un insieme di diversità da armonizzare, non una struttura monolitica centralizzata.

Pensare l’Europa in ottica quantitativa è frutto di un equivoco sulla sua autentica natura: fisica, storica e culturale. È l’equivoco federalista, per cui obbiettivo ultimo di quel particolarissimo percorso che iniziato a Roma nel 1957 ha condotto a Maastricht non può che essere la creazione degli Stati Uniti d’Europa, una potenza globale al pari degli Stati Uniti d’America. Punto debole del ragionamento è che l’Europa non è l’America (settentrionale) e che gli Stati europei non sono affatto, né saranno nel prevedibile futuro, nulla di simile a ciò che sono stati e sono gli Stati che fanno parte della compagine federale statunitense. Europa è il luogo delle diversità, della pluralità, della molteplicità.11 

Un nazionalismo moderato e identitario può infatti contribuire a rafforzare il senso di appartenenza dei cittadini all’Europa, mentre il sovranismo politico aggressivo rappresenta un rischio concreto. Studi empirici confermano questa visione: un insieme di valori culturali e simbolici che consolidano la coesione sociale senza necessariamente ostacolare le istituzioni sovranazionali. In particolare, un progetto citato da fonti della Commissione europea conclude che “identità nazionale ed europea sono compatibili”: molte persone si dichiarano “nazionali” ed “europee” allo stesso tempo, segnalando che le identità non necessariamente si escludono a vicenda.12 

Questa convivenza tra le identità trova ulteriore conferma in paesi come Portogallo, dove l’orgoglio nazionale coesiste con uno dei livelli più alti di europeismo dell’intero continente. Secondo indagini pubbliche13, oltre il 90% dei portoghesi ritiene che il Paese abbia beneficiato dell’appartenenza all’UE, e la fiducia nelle istituzioni europee supera stabilmente quella verso molte istituzioni nazionali. 

  1. https://lespresso.it/c/opinioni/2025/9/23/unione-europea-critiche-bruxelles-nazionalismo-statimembri/56965 
  1. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/torna-davvero-lo-spettro-del-nazionalismo-23823 
  1. https://www.novecento.org/insegnare-leuropa-contemporanea/i-nazionalismi-in-europa-3056/ 
  1. Marco Tarchi, “Italia populista” https://www.lavocedelnord.net/2020/09/29/marco-tarchi-italiapopulista/ 
  1. “The clash of civilisations”, Samuel Huntintgton, 1996 
  1. https://www.nilalienum.com/gramsci/0_Treccani/FilosofiaT/Identita.html
  1. https://www.youtube.com/watch?v=htjmv3-ib2A&t=1913s 
  1. “Qu’est-ce qu’une nation?”, Ernest Renan, 1882 
  1. https://thetrueeurope.eu/uneuropa-in-cui-possiamo-credere/
  1. “The Rise and Fall of the Great Powers”, Paul Kennedy, 1987 
  1. Luciano Bozzo, “L’Europa che c’è e quella che non c’è” https://flore.unifi.it/retrieve/495316c0-5e6f-4bc6-8ee0-87a1f9b7366d/L_Europa%20che%20non%20c_e%CC%80%20e%20…%20-%20luciano%20bozzo.pdf
  1. https://www.cambridge.org/core/journals/nationalities-papers/article/forms-of-national-and-european-identity-a-research-note-reviewing-literature-of-crossnational-studies/265DA4CC30FBA7B35A0EDF941DD4F0B5? 
  1. https://ffms.pt/en/research/barometer/european-policy-barometer? 

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