Estremismo islamico in Europa: l’impronta delle petro-monarchie della Penisola Arabica

Le prime associazioni che vengono in mente quando si parla di Penisola Arabica solitamente conducono alla grandissima abbondanza di petrolio ed alle immense fortune economiche che alcuni Paesi della regione stanno accumulando. A tali pensieri di natura ‘materiale’ se ne affiancano altri più ‘ideali’, che portano l’immaginazione a perdersi tra le musiche, i colori e le sabbie di questa esotica porzione di globo. La penisola è infatti dominata da immense regioni desertiche che rappresentano la culla dell’Islam, religione che oggi svolge un ruolo centrale in molti paesi dell’area. Tra questi figura l’Arabia Saudita, monarchia sunnita, che vede affondare nel XVIII secolo le radici tra famiglia reale e wahabismo[1], corrente ortodossa ed ultraconservatrice dell’Islam che, essendo religione di Stato, viene trasmessa all’interno del sistema scolastico dandone una lettura prettamente utilitaristica, poiché ha come fine il consolidamento della monarchia. Tuttavia, la strumentalizzazione di tale interpretazione ha come esito quello di ridurre l’Islam da religione eterogenea ad unica entità definita dal wahabismo[2]. Grandi ricchezze basate sul petrolio ed orientamento wahabita della fede islamica sono propri anche dell’emirato del Qatar, che insieme all’Arabia Saudita sono stati al centro di polemiche internazionali per il loro sostegno a gruppi estremisti, oltre che per aver elargito lauti finanziamenti per la costruzione di moschee e centri culturali in tutti i continenti per propagare questa visione di Islam radicale.

Tutti i popoli e le varie culture hanno la tendenza a dividere il genere umano tra ‘noi’ e ‘loro’ e l’istintiva reazione di fronte al ‘diverso’ è quella di diffidenza, sentimento che in Europa non è certamente mancato visto il gran numero di edifici religiosi che sono stati finanziati – spesso in modo poco trasparente – proprio da organizzazioni riconducibili ai governi del Golfo. Con le dovute eccezioni, le moschee sono un fenomeno relativamente ‘nuovo’ per il continente europeo, in quanto legate alla presenza di lavoratori musulmani immigrati in Europa[3], motivo per cui tale opacità nei flussi di denaro non contribuisce di certo alla creazione di un clima più sereno.

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Numerosi sono gli esempi che attraversano l’Europa, e che vedono protagoniste le monarchie della Penisola Arabica. Secondo indiscrezioni di un report dell’intelligence tedesca, tre fondazioni che vantano stretti rapporti con il governo del proprio Paese – la saudita Lega musulmana mondiale, la qatarina Associazione caritativa Sheikh Eid Bin Mohammad al Thani e la kuwaitiana Società del risveglio dell’eredità islamica – sono accusate di sostenere gruppi di estremismo islamico in Germania[4]. Ciò che preoccupa le autorità tedesche non riguarda l’apertura di nuove moschee, che al contrario vengono viste come luoghi consoni per la professione della fede che oggi viene praticata in locali non adibiti al culto e praticamente segreti, quanto il fatto che tali strutture aprirebbero con soldi e con predicatori – formati soprattutto in Arabia Saudita[5] – che hanno come obiettivo quello di spostare l’asse dell’Islam locale su quello salafita. Ogni anno da Riyad arriverebbero infatti investimenti di circa cento milioni l’anno per la predicazione del wahabismo[6].

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Spostamento del credo religioso che si è materializzato nei Balcani, in particolare in Bosnia, in cui la predicazione wahabita sta cambiando non solo la natura dell’Islam locale ma sta influendo anche sulla composizione etnico-religiosa dell’intero Paese: i cattolici sono infatti spinti in fuga ed il loro numero è calato dalle 800 mila unità precedenti la guerra agli attuali 400 mila, numero destinato a ridursi ulteriormente. Nella sola Sarajevo nei primi anni Duemila i fondi provenienti dalle petro-monarchie del Golfo hanno finanziato la costruzione di oltre 100 moschee e 70 centri culturali islamici[7]. Bosnia che, insieme al Kosovo, anche a causa degli alti tassi di povertà e disoccupazione, sono i maggiori ‘esportatori’ di estremisti che hanno arricchito le fila dell’ISIS ed al-Nusra[8]. Tuttavia, è l’intera regione balcanica ad essere interessata da flussi sia umani che di capitali – più o meno legittimi – che fanno il loro ingresso in Europa[9]. Ad ogni modo secondo William Patey, ambasciatore britannico in Arabia Saudita dal 2006 al 2010, Riyad non finanzia il terrorismo, quanto piuttosto un’ideologia che può condurre ad estremismi[10].

Molto presente in Europa è la Qatar Charity, il cui sito riporta come essa sia «attivamente impegnata a preservare la cultura islamica attraverso la costruzione di moschee, centri islamici e insegnanti per recitare il Corano»[11]. Tuttavia, secondo Valentina Colombo, docente di cultura e geopolitica dell’Islam all’università Europea di Roma tale organizzazione «sembra avere il monopolio dei finanziamenti all’Islam europeo ed è stata sospettata in passato di vicinanza con ambienti estremisti. La verità è che finanzia quasi esclusivamente la galassia della Fratellanza musulmana, portatrice di una visione conservatrice della religione». Tali finanziamenti riguardano anche il nostro paese, poiché «oggi in Italia non si aprono moschee senza il flusso generoso di denaro dall’estero», che generalmente ha come mittenti proprio il Qatar e l’Arabia Saudita, ma anche la Turchia ed il Marocco, che professa un Islam molto più moderato ed i cui fedeli vanno a comporre la comunità più numerosa in Italia[12].

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Questione di grande delicatezza è quella che riguarda i cosiddetti paesi del Benelux, regione europea che ha fornito il maggior numero di foreign fighters ai gruppi jihadisti che combattono nell’area del MENA[13]. Particolare attenzione deve essere posta al Belgio, poiché gli stessi funzionari locali indicano la Grande Moschea di Bruxelles come focolaio per gli estremisti islamici supportati da Riyad[14]. La struttura, che oggi dista poche centinaia di metri dal cuore dei palazzi dell’Unione Europea, è stata concessa in affitto alla fine degli anni Sessanta da di re Baldovino del Belgio all’Arabia Saudita per un periodo di 99 anni in cambio di un vantaggioso contratto petrolifero. Tuttavia, i predicatori formatisi in Arabia Saudita hanno contribuito a cambiare la natura dell’Islam praticato dagli immigrati, in maggior parte di origine nordafricana, più tollerante ed aperto di quello degli imam wahabiti come Khalid Alabri, reggente della Grande Moschea rimosso nel 2012 per il ruolo che ricopriva nella diffusione della dottrina radicale. Da quando il governo saudita è subentrato nella gestione del Centro, quest’ultimo ha infatti abbracciato la rigida interpretazione dell’Islam propria di Ryiad[15].

Resta indubbio il grandissimo sforzo economico sostenuto dai paesi del Golfo, poiché secondo Yousaf Butt, direttore del Cultural Intelligence Institute del Michigan (Usa), negli ultimi trent’anni i sauditi avrebbero speso oltre 100 miliardi di dollari per diffondere il wahabismo attraverso moschee e centri culturali nel mondo, oltre che per la formazione degli imam ed i libri di testo adoperati nelle scuole. Un termine di paragone può essere offerto dal fatto che, secondo le stesse stime, «nel periodo 1921-1991 l’Unione Sovietica avrebbe speso “solo” 7 miliardi di dollari per diffondere il comunismo». Ad ogni modo, come affermato da numerosi studiosi oltre che dalla stessa ala radicale del wahabismo che vede in questa corrente l’unico vero Islam[16], «quello dei sauditi è un progetto di dominio globale sull’Islam, non di guerra all’Occidente»[17].

Vista la poca chiarezza lasciata trasparire da determinati luoghi di culto, in molti paesi europei si vorrebbero adottare dei provvedimenti: Berlino ad esempio chiede sermoni impartiti in tedesco da imam formati in Germania – poiché spesso questi non conoscono né la cultura né la lingua del paese ospitante, con tutte le conseguenze del caso nella predica dei sermoni – oltre che la necessità di bloccare i finanziamenti a moschee ed asili islamici tedeschi provenienti dall’estero[18]. In Belgio, in seguito agli attentati di Parigi del 13 novembre, la deputata socialista fiamminga Yamila Idrissi, nata in Marocco, ha chiesto la rottura dell’accordo tra Bruxelles e l’Arabia Saudita: «se il governo federale è serio nella lotta contro la radicalizzazione e il terrorismo, deve mettere fine al contratto di affitto per 99 anni e convertire la Grande moschea in un Centro europeo moderno per il nuovo islam»[19]. Quella contro gli estremismi è una battaglia anche di natura culturale e sociale: per questo motivo da più parti si invoca la creazione di un “Islam europeo” [20]. L’Italia non sta vivendo le tensioni che vedono protagonisti gli altri Paesi del Continente: tuttavia si sta muovendo e uno dei prossimi compiti che il nuovo Parlamento sarà chiamato ad affrontare è quello concernente la finanza islamica, ispirata ai principi del Corano[21].

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Per i Dizionari Oxford la parola del 2016 è «post-verità»[22], definita come una «argomentazione caratterizzata da un forte appello all’emotività, che basandosi su credenze diffuse e non su fatti verificati tende ad essere accettata come veritiera, influenzando l’opinione pubblica»[23]. È in tale clima di post-verità che si trovano a vivere molte persone di fede musulmana anche a causa delle quasi quotidiane notizie che vengono trasmesse dai media aventi per oggetto fatti commessi da individui che professano tale religione. Spesso l’Islam viene visto come un blocco monolitico e non si considera il fatto che, al contrario, al suo interno è attraversato da numerose correnti per cui tale credo religioso costituisce «un universo culturale che ha nella complessità la principale delle sue chiavi di lettura[24]. Se è vero che la post-verità – quindi le opinioni non basate su serie verifiche – sono una colpa da parte degli attori che preferiscono non documentarsi, è altrettanto vero che la poca trasparenza da parte di alcuni centri religiosi – e Paesi finanziatori – non facilita il compito di creare un clima di fiducia nei confronti di persone che saranno inevitabilmente viste con sospetto: si viene così a creare un circolo vizioso che ha come conseguenza questioni rilevanti sotto il profilo della coesione sociale.

 

Note:

[1] Wahabismo, Treccani, http://www.treccani.it/vocabolario/wahhabismo/. Ultima consultazione 27 gennaio 2018.

[2] Nicholas P. Roberts, Lealtà e disconoscimento: il wahhabismo sui banchi di scuola, in Limes, Arabia (non solo) saudita, 3/2017, pp. 65-69.

[3] Elisa Rebessi, Diffusione dei luoghi di culto islamici e gestione delle conflittualità. La moschea di via Urbino a Torino come studio di caso, Dipartimento POLIS, pag. 8, http://fidr.it/cgi-bin/materiale/123/Rebessi.pdf.

[4] Lizzie Dearden, Saudi Arabia and Gulf states ‘support Islamic extremism in Germany,’ intelligence report finds, December 14, 2016, http://www.independent.co.uk/news/world/europe/saudi-arabia-gulf-states-fund-islamic-extremism-germany-salafism-wahhabism-qatar-kuwait-islamists-a7473551.html.

[5] Vladimiro Polchi, Chi finanzia le moschee. Dal Qatar alla Turchia: fondazioni e (tanti) soldi per l’islam italiano, Repubblica.it, 4 agosto 2016, http://www.repubblica.it/esteri/2016/08/04/news/chi_finanzia_le_moschee_dal_qatar_alla_turchia_fondazioni_e_tanti_soldi_per_l_islam_italiano-145334232/. Tutti i paesi islamici formano il proprio ‘personale’: il governo turco, ad esempio, tramite il ministero degli affari religiosi sostiene il Ditib, organizzazione ufficiale dei musulmani turchi all’estero.

[6] Lorenzo Vita, Le moschee finanziate dai Saud, in occhidellaguerra.it, 14 giugno 2017, http://www.occhidellaguerra.it/germania-allarme-per-le-moschee-finanziate-dallarabia/.

[7] Fulvio Scaglione, Wahabiti, l’Islam più pericoloso alla conquista dell’Europa, 3 maggio 2017, http://www.linkiesta.it/it/article/2017/05/03/wahabiti-lislam-piu-pericoloso-alla-conquista-delleuropa/34053/.

[8] Is Saudi Arabia promoting Islamic Terrorism in Europe?, November 28, 2016, http://one-europe.net/is-saudi-arabia-promoting-islamic-terrorism-in-europe, Cfr, Paolo Mastrolilli, Kosovo, la base dell’Isis in Europa con i soldi dell’Arabia Saudita, in  lastampa.it, 31 maggio 2016, http://www.lastampa.it/2016/05/23/esteri/kosovo-la-base-dellisis-in-europa-con-i-soldi-dellarabia-saudita-QGcKTUqG9usNNu9HuTztiN/pagina.html. Fin dal 1999 Riyad ha iniziato ad inviare finanziamenti e uomini per sostituire la tradizionale scuola hanafita con quella wahabita. Organizzazioni caritatevoli come il Saudi Joint Relief Committee for Kosovo, al Haramain, e al Waqf al Islami hanno contribuito al trasferimento di milioni di euro che sono stati impiegati per diffondere estremismo e terrorismo.

[9] Lorenzo Vita, Le moschee finanziate dai Saud, Op. Cit.

[10] Patrick Wintour, Saudi Arabia boosting extremism in Europe, says former ambassador, in theguardian.com, July 13, 2017, https://www.theguardian.com/world/2017/jul/13/saudi-arabia-boosting-extremism-in-europe-says-former-ambassador.

[11] https://www.qcharity.org/en/qa/home/whatwedo.

[12] Vladimiro Polchi, Chi finanzia le moschee. Dal Qatar alla Turchia: fondazioni e (tanti) soldi per l’islam italiano, Op. Cit.

[13] Tersite, Islam ed Europa: chi finanzia il radicalismo?, 23 marzo 2016, http://www.lookoutnews.it/bruxelles-attentati-islam-europa/.

[14] Michael Birnmaun and Souad Mekhennet, The mosque is Belgium’s biggest. Officials say it’s a hotbed for extremism, in washingtonpost.com, November 11, 2017, https://www.washingtonpost.com/world/europe/the-mosque-is-belgiums-biggest-officials-say-its-a-hotbed-for-extremism/2017/11/10/8a6d7746-b849-11e7-9b93-b97043e57a22_story.html?utm_term=.9d3f8fb1896c.

[15] Ivi, Cfr, Fulvio Scaglione, Wahabiti, l’Islam più pericoloso alla conquista dell’Europa, Op. Cit., Cfr, Tersite, Islam ed Europa: chi finanzia il radicalismo?, Op. Cit.

[16] Nicholas P. Roberts, Lealtà e disconoscimento: il wahhabismo sui banchi di scuola, Op. Cit. pp. 65-67.

[17] Fulvio Scaglione, Wahabiti, l’Islam più pericoloso alla conquista dell’Europa, Op. Cit.

[18] Andrea Affaticati, Islam in Germania. Urgono imam che parlino tedesco, 07 Aprile 2017, http://eastwest.eu/it/opinioni/european-crossroads/islam-germania-imam-non-parlano-tedescoCfr, Alessandro Alviani, Germania, il partito Csu chiede una legge sull’Islam, 13 aprile 2016, in lastampa.it, http://www.lastampa.it/2016/04/13/esteri/germania-il-partito-csu-chiede-una-legge-sullislam-LgVR0L0obePV87Y28pwNnO/pagina.html.

[19] Stefano Montefiori, Il Belgio e la Grande moschea saudita, 24 marzo 2016, in Corriere.it, http://www.corriere.it/esteri/16_marzo_24/belgio-grande-moschea-saudita-mano-riad-fedeli-bruxelles-a4b73b80-f1ff-11e5-8e82-ccf80e9a48c0.shtml?refresh_ce-cp.

[20] Alessandro Alviani, Germania, il partito Csu chiede una legge sull’Islam, Op. Cit., Cfr, Michael Birnmaun and Souad Mekhennet, The mosque is Belgium’s biggest. Officials say it’s a hotbed for extremism, op. Cit.

[21] Gianluca Zapponini, Perchè il prossimo parlamento dovrà approvare una legge sulla finanza islamica, 27 gennaio 2018, http://formiche.net/2018/01/27/perche-il-prossimo-parlamento-dovra-approvare-una-legge-sulla-finanza-islamica/.

Cfr, I sauditi aprono una maxi sede a Milano: finanza islamica progetta lo sbarco, 24 gennaio 2018, http://www.affaritaliani.it/milano/i-sauditi-aprono-una-maxi-sede-a-milano-finanza-islamica-progetta-lo-sbarco-520962.html.

[22] Per dizionario Oxford ‘post-verità’ è parola del 2016, 17 novembre 2016, http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2016/11/16/per-dizionario-oxford-post-verita-e-parola-del-2016_29ee6ca1-d639-4be7-91b1-e8189268d9d6.html.

[23] Post-verità, Treccani, http://www.treccani.it/vocabolario/post-verita_(Neologismi)/. Ultima consultazione in data 29 gennaio 2017.

[24] Anna Maria Cossiga, L’interpretazione lineare dell’Islam. Un pericolo per la coesione della nostra società, GNOSIS, Rivista italiana di intelligence, 1/2017, pp. 48 e 49, http://gnosis.aisi.gov.it/gnosis/Rivista50.nsf/ServNavig/50-22.pdf/$File/50-22.pdf?OpenElement.

 

Fonti consultate:

 

Marco Maldera

 

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