L’ideologia che anima le fake news: il contributo della postverità

“L’ideologia che anima la postverità è l’atomismo di milioni di persone convinte di aver ragione non insieme, come credevano sbagliandosi le chiese ideologiche del secolo scorso, ma da sole” (Maurizio Ferraris).

 

Secondo la definizione fornita dal Vocabolario Treccani, “fake news” è un termine che denota un’informazione parzialmente o totalmente falsa, divulgata attraverso il web o le tecnologie digitali di comunicazione e la cui plausibilità non si fonda su fonti verificate, ma su un sistema distorto di aspettative dell’opinione pubblica e su un’amplificazione dei pregiudizi che ne sono alla base. Tali informazioni, nonostante per definizione siano parzialmente o totalmente false, costituiscono un fenomeno che da un punto di vista sia culturale sia geopolitico non è privo di conseguenze.

Dal punto di vista geopolitico, le “fake news” sono infatti uno dei mezzi che possono influenzare processi politici; esse, per esempio, hanno avuto un qualche ruolo nell’orientare l’opinione pubblica durante le elezioni presidenziali del 2016 negli Stati Uniti d’America. Da un punto di vista culturale, tali notizie hanno avuto un ruolo importante nella diffusione nel web di idee o dottrine (come ad esempio le bufale riguardanti le scie chimiche) che contestano evidenti dati sperimentali, senza fornire spiegazioni che siano scientificamente fondate. Uno dei fattori che ha fatto si che la società costituisca, talvolta, un terreno fertile per la proliferazione di “fake news” è l’avvento della postverità.

La postverità è un fenomeno che dal Vocabolario Treccani viene definito come un’argomentazione che, caratterizzata da un forte appello all’emotività, nonostante si fondi su credenze diffuse e non su fatti verificati, tende a essere accettata come veritiera, influenzando l’opinione pubblica. I postruisti, ovvero coloro che si possono definire, consciamente o inconsciamente, sostenitori della postverità, predicano l’esistenza di numerose verità parallele e alternative rispetto alle altre e allo stesso tempo affermano che tutte le verità sono uguali, ma alcune sono più vere e indiscutibili (1). Queste ‘verità alternative’ si fondano su credenze individuali o collettive e, come fa notare Ferraris, sono espresse in contrapposizione a una qualche autorità dotata di valore veritativo, in particolare nei confronti della scienza o degli esperti in generale.

L’impiego di verità alternative conduce nella maggior parte dei casi alla produzione di menzogne ritenute vere che, talvolta, si possono manifestare sotto forma di bufale o frasi prive di senso. Per quanto riguarda le ultime è essenziale che esse siano espresse in modo chiaro e conciso e, in relazione al modo in cui vengono giustificate, si possono rilevare diversi tipi di frasi senza senso; sono, per esempio, di tipo “ultraermeneutico” quando traggono legittimità dall’idea che la realtà esterna si fonda su interpretazioni condivise, mentre sono di tipo identitario nel momento in cui vengono considerate valide in virtù di un qualche senso di appartenenza (2). Per quanto concerne le bufale, esse sono informazioni false e inverosimili che in certi casi sono usate come sinonimo di “fake news” (3). Le bufale in genere sono la manifestazione dell’esigenza dei postruisti di affermare le proprie idee e convinzioni senza essere smentiti. Difatti in questa situazione le obiezioni che sottoponiamo al postruista non lo spingono a rivedere le sue posizioni, ma al contrario lo portano a rafforzare le sue idee; ciò avviene perché il postruista considera tali obiezioni come il risultato di una manovra organizzata da poteri forti (4).

La postverità, predicando l’esistenza di verità alternative (che, come abbiamo visto in precedenza, si possono tradurre sia in bufale sia in frasi senza senso) e parallele fra loro che vengono giustificate sulla base di credenze individuali o collettive prive di fondamento scientifico, costituisce quindi un sostrato culturale adatto alla proliferazione di “fake news”. Inoltre, è importante notare che l’avvento della postverità e la diffusione di “fake news” è stato agevolato dal web. Questo avviene poiché in tale realtà le notizie (indipendentemente dal fatto se siano vere o false) riescono a diffondersi rapidamente, poiché qualsiasi persona che sia connessa a Internet ha la possibilità di comunicare quasi istantaneamente con altre persone che si servono di medesimi apparati tecnici, indipendentemente dai posti in cui si trovano. “Si deve poi aggiungere che la sfida lanciata dalle informazioni prodotte in forma gratuita, volontaria e fluviale costringe i tradizionali canali di informazione […] a un’iperproduzione che spesso rinuncia al controllo delle fonti” (5).

Pertanto, per comprendere le ragioni della diffusione di “fake news” nella realtà sociale dei nostri tempi non si può non considerare né il ruolo avuto dalla rete nella diffusione di tali notizie né l’avvento della cultura della postverità, la quale contribuisce alla formazione di un contesto ideologico in cui godono di libera cittadinanza credenze ‘popolari’ e dogmatiche che mettono in discussione anche le più importanti scoperte scientifiche che l’umanità ha concretizzato nei secoli.

 

A cura di Jacopo Cappellini

 

Note:

(1) M.Ferraris, Postverità e altri enigmi. Il Mulino, Bologna, 2017, p. 50.

(2) Ivi, pp. 61-63.

(3) L’unica differenza tra le due nozioni è che in genere le bufale denotano asserzioni totalmente errate, mentre le “fake news” possono essere anche solo parzialmente sbagliate.

(4) Ivi, p. 60.

(5) Ivi, p. 78.

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