La regione balcanica è da lungo tempo considerata zona calda e per questo al centro dell’attenzione internazionale. Nell’ultimo secolo è stata protagonista di due conflitti mondiali e dopo la caduta del muro di Berlino ha provato a riguadagnare una certa stabilità, ancora non pienamente acquisita. Le sfide interne per quest’area sono numerose e coprono un largo ventaglio di questioni che abbracciano temi politici, economici, sociali e di sicurezza.
In tempi in cui le distanze geografiche non assumono più il peso del passato, un attore di grande imponenza e rilevanza internazionale ha deciso di affacciarsi su tale regione ricca di dilemmi ed incertezze. Con il suo ambizioso progetto che mira alla “cooperazione a livello internazionale per migliorare la governance globale“, promossa dal presidente Xi Jinping nel 2013, la Cina ha iniziato a costruire infrastrutture legate alla sua Belt and Road Iniziative (BRI). Inizialmente noto come “One Belt One Road” (OBOR)[i], ed in Italia più conosciuto come “Nuova Via della Seta”, tale progetto di natura prevalentemente economica mira a collegare ed integrare Asia ed Europa sia via terra, sia via mare. In questo modo, la Cina intende esprimere la sua visione del mondo: multipolare e sino-centrica. Nel continente europeo vi sono diversi luoghi di approdo: in particolare, il Nord Europa è inteso come punto di arrivo del percorso terrestre, mentre la fascia mediterranea come terminale marittimo. I due estremi del continente saranno collegati da diverse infrastrutture, alcune delle quali potrebbero attraversare proprio l’area balcanica, nella quale si verranno quindi a contrapporre gli storici interessi della Russia, gli evidenti legami di vicinanza dell’Unione Europea ed i nuovi interessi della Cina.
Tra i paesi della regione, la Serbia è emersa come interlocutore privilegiato di Pechino, dal momento che gli scambi economici tra i due Stati rappresentano quasi la metà del volume totale di interventi commerciali cinesi nell’intero territorio balcanico, quantificato in 3,3 miliardi di euro a partire dal 2015-2016. Ad aggiungersi a tali rapporti, vi sono anche motivazioni di tipo politico: aprendo la sua economia alla Cina, Belgrado ha cementato il sostegno di Pechino contro la pressione dell’Unione Europea a riconoscere l’indipendenza del Kosovo[ii]. Tuttavia la Serbia, così come altri paesi dell’area, è tra i candidati ufficiali, o potenziali, ad entrare nell’Unione Europea[iii], e secondo Vladimir Krulj, consulente del governo serbo, l’influenza economica di Cina e Russia nei Balcani occidentali non è ancora vicina a quella dell’UE, perché questa “rimane il partner commerciale più importante della Serbia“ [iv]. Nonostante molti dei paesi balcanici siano toccati direttamente dall’iniziativa cinese ed abbiano intenzione di entrare a fare parte dell’Unione Europea, ultimamente Bruxelles viene vista come parte dei problemi che affliggono le economie della regione che, in seguito alla crisi economica del 2008-2009 ha consolidato i Balcani quale “super-periferia” d’Europa. In tale contesto di insoddisfazione, maturato negli ultimi 25 anni, la BRI ha fatto il suo ingresso nell’area inducendo gli esecutivi locali, caratterizzati dalle debolezze strutturali di tali nazioni, a trovare nelle disponibilità finanziarie cinesi una via di sviluppo rapido e molto proficua[v]. Le risorse economiche di Pechino non mancano, poiché per realizzare i numerosi progetti previsti dalla Nuova Via della Seta sono stati creati due bracci finanziari: il “Silk Road Fund“, fondo da 40 miliardi di dollari nato nel dicembre 2014, e la “Asian Infrastructure Investment Bank”, attiva dal gennaio del 2016 con un capitale di 100 miliardi di dollari[vi]. Tuttavia, tali aiuti economici hanno un prezzo, in quanto la Cina influenza indirettamente il dibattito locale sui modelli politici, ponendosi in evidente contrasto con quelli dell’Unione Europea[vii]. Dal punto di vista politico, molti paesi dell’Europa occidentale hanno infatti espresso la loro preoccupazione riguardo la convergenza fra la crescita dell’influenza cinese e quella delle tendenze nazional-populiste in molti paesi dell’Europa centrale ed orientale[viii].
Ad ogni modo, ciò che potrebbe permettere ai Balcani di ritrovare un ruolo internazionale e di agire in prima persona sulla propria agenda di sviluppo, è il fatto che Pechino non vede tale zona come il retroterra dell’Europa, bensì come ponte fra regioni diverse[ix]. Sia i paesi balcanici, sia la Cina traggono quindi importanti risultati da tale legame: i primi possono soddisfare il bisogno urgente di investimenti esteri necessari soprattutto nel settore delle infrastrutture, campo nel quale i cinesi eccellono, mentre questi ultimi, da parte loro, hanno l’occasione di aumentare la propria presenza nel cuore dell’Europa orientale, con i Balcani che diverrebbero un polo infrastrutturale per le reti commerciali e strategiche cinesi[x]. All’interno della regione, alcuni progetti previsti dalla Nuova Via della Seta hanno già iniziato a prendere forma, quali l’acquisizione del porto del Pireo – del quale la “China Ocean Shipping Company“ (COSCO), detiene il 67% della proprietà – ed il progetto per la linea ferroviaria Belgrado-Budapest[xi]. Tuttavia, lo scorso febbraio, la Commissione Europea ha deciso di indagare proprio in merito alla suddetta tratta, del valore di 2,9 miliardi di dollari, per presunte irregolarità rispetto alle normative dell’Unione Europea. Tali indagini rappresentano un duro colpo per Pechino, che aveva puntato proprio su tale sviluppo ferroviario per attrarre l’attenzione dei paesi dell’area balcanica durante il summit del 2013 dei cosiddetti “16+1”, ovvero i sedici paesi dell’Europa centrale, orientale e sud-orientale più la Cina (China-CEEC, Central and Eastern European Countries and China)[xii].
Lo scorso novembre in Ungheria ha avuto luogo il 6° summit tra i capi di Stato e di governo di tali paesi e l’incontro ha costituito l’occasione per stringere, formalmente, accordi di carattere economico e commerciale, ed informalmente, per giocare un ruolo più attivo dal punto di vista geopolitico. Il suddetto summit è infatti coordinato con un altro progetto, anch’esso proposto e quasi interamente finanziato dalla Cina: è la cosiddetta iniziativa dei “Tre Mari” (Adriatico, Baltico e Mar Nero), composta da tutti i paesi membri dell’Unione Europea che formano anche il gruppo dei “16+1” ai quali si aggiunge l’Austria. Tuttavia, gli obiettivi perseguiti da Pechino tanto con la BRI quanto con il progetto “16+1” non sono stati chiaramente esplicitati, anche se oltre alle finalità economiche è possibile individuarne alcune politiche e strategiche[xiii].
Sotto il profilo economico e commerciale, i 16 paesi in questione, relativamente poveri, non costituiscono la destinazione ultima dei prodotti cinesi, quanto una rilevante porta di transito per accedere ai ricchi mercati dell’Europa occidentale, riducendo i costi ed i tempi di trasporto[xiv]. Considerata la sovraccapacità cinese in alcuni settori produttivi, Pechino potrebbe essere fortemente interessata ad una sorta di integrazione con l’industria europea, così da posare le reti della sua seconda globalizzazione dopo quella che li ha condotti allo storico ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC)[xv]. L’Unione Europa, oltre ad essere considerata da Pechino il mercato più attraente nel prossimo futuro, è infatti estremamente importante anche per l’ottenimento dello status di economia di mercato[xvi]. In ottica strategica, in un momento in cui gli Stati Uniti sembrano ritirarsi dalla scena mondiale e comunque concentrare la propria attenzione sul versante dell’Asia-Pacifico, la Cina punta ad espandere la propria influenza nel cuore dell’Europa[xvii]. In ogni caso, l’intenzione di Pechino non è quella di sostituire l’Unione Europea o gli Stati Uniti quale principale attore esterno alla regione, non ne avrebbe le capacità; tuttavia, le solide collaborazioni che sta creando con alcuni di questi stati, potrebbe portarla ad avere diversi amici al tavolo dei leader a Bruxelles[xviii]. Nei paesi occidentali dell’Unione Europea esiste infatti il sospetto che Pechino, con il “16+1” e i “Tre Mari”, miri ad ottenere il sostegno di molti paesi membri da utilizzare nei negoziati sugli accordi globali fra la Cina e l’Unione Europea. La crescente spaccatura fra gli Stati europei occidentali ed orientali gioca a favore della penetrazione cinese in questa seconda zona del continente, anche alla luce del fatto che alcuni esperti, specie ungheresi e polacchi, ritengono che la presenza cinese accresca la forza negoziale dei loro Paesi nei confronti di Bruxelles. A dimostrazione di ciò, il presidente della Macedonia è giunto ad affermare che le intese con la Cina costituiscono anche uno strumento di pressione per accelerare l’ammissione all’Unione Europea dei Balcani occidentali[xix].
Ad ogni modo, secondo il generale Carlo Jean, esperto di geopolitica, “le preoccupazioni sull’aumento della presenza cinese in Europa orientale, baltica e balcanica sono ingiustificate. La priorità per tutti tali paesi resta l’Unione Europea, anche perché gli investimenti di quest’ultima restano superiori di più di dieci volte a quelli cinesi”. Diversa è invece la posizione dell’Italia, poiché i porti dell’Alto Adriatico rischiano di essere spiazzati, nelle loro connessioni con il Nord Europa, dalle infrastrutture previste dal “16+1”[xx]. In questo contesto incerto, nel quale la seconda economia mondiale rimescola le carte in tavola, l’Italia è chiamata ad innalzare la propria soglia di attenzione, sia per la possibile influenza cinese in tale zona, dove Roma gioca attualmente un ruolo rilevante, sia per le opportunità di investimenti che il progetto è in grado di portare alla regione, anche a scapito del proprio territorio nazionale.
Note:
[i] Alessandra Spalletta, Porti e ferrovie. La sfida italiana sulla nuova via della Seta, 14 maggio 2017, https://www.agi.it/estero/porti_e_ferrovie_la_sfida_italiana_sulla_nuova_via_della_seta-1770499/news/2017-05-14/.
[ii] Monica Ranieri, L’avanzata della Cina nei Balcani: la politica di Xi Jinping e il ruolo della Serbia, 11 settembre 2017, http://serbianmonitor.com/economia/37608/cina-balcani-xi-jinping-serbia/.
Crf, La dichiarazione di indipendenza del Kosovo è conforme al diritto internazionale?, 19 giugno 2017, https://dirittointernazionaleincivica.wordpress.com/2017/06/19/la-dichiarazione-di-indipendenza-del-kosovo-e-conforme-al-diritto-internazionale/.
[iii] L’ingresso di nuovi paesi nell’Unione Europea, 3 agosto 2017, http://asbl.unioncamere.net/index.php?option=com_content&view=article&id=167:lallargamento-dellunione-europea&catid=104:internazionalizzazione&Itemid=168.
[iv] Monica Ranieri, Financial Times: Serbia in bilico tra l’UE e le ambizioni della Cina, 13 novembre 2017, http://serbianmonitor.com/opinioni/39303/serbia-bilico-ue-ambizioni-cina/#.WhPxJ1Xiaig.
[v] Anastas Vangeli, La nuova Via della Seta passa per i Balcani, 6 marzo 2017, http://www.affarinternazionali.it/2017/03/la-nuova-via-della-seta-passa-balcani/.
[vi] Alessandra Spalletta, Porti e ferrovie. La sfida italiana sulla nuova via della Seta, Op. Cit.
[vii] Anastas Vangeli, La nuova Via della Seta passa per i Balcani, Op. Cit.
[viii] Carlo Jean, La Cina penetra nell’Europa centro-orientale e balcanica, 3 dicembre 2017, http://formiche.net/2017/12/03/cina-bri-europa/.
[ix] Anastas Vangeli, La nuova Via della Seta passa per i Balcani, Op. Cit.
[x] Ivi, Cfr, Lorenzo Vita, La nuova alleanza tra Serbia e Cina, 26 maggio, 2017, http://www.occhidellaguerra.it/la-nuova-alleanza-serbia-cina/.
[xi] Alessandra Spalletta, Porti e ferrovie. La sfida italiana sulla nuova via della Seta, Op. Cit.
[xii] Ivi.
[xiii] Carlo Jean, La Cina penetra nell’Europa centro-orientale e balcanica, Op. Cit.
[xiv] Ivi.
[xv] Dario Di Vico, L’Adriatica si gioca il futuro tra i Balcani e la Via della Seta, 14 ottobre 2017, http://www.corriere.it/video-articoli/2017/10/14/adriatica-si-gioca-futuro-balcani-via-seta/8c19f7bc-b0fc-11e7-8c8a-61b69bf57dc4.shtml.
[xvi] Francesco Checcacci, Cosa cerca la Cina nell’Est Europa? Rotte per le sue merci (e fare un dispetto alla Russia), 11 dicembre 2017, http://www.linkiesta.it/it/article/2017/12/11/cosa-cerca-la-cina-nellest-europa-rotte-per-le-sue-merci-e-fare-un-dis/36453/.
[xvii] Monica Ranieri, L’avanzata della Cina nei Balcani: la politica di Xi Jinping e il ruolo della Serbia, Op. Cit.
[xviii] Cina, le mani sui Balcani: la testa di ponte di Pechino per l’Ue, 17 luglio 2017, http://www.affaritaliani.it/affari-europei/cina-le-mani-sui-balcani-la-testa-di-ponte-di-pechino-per-ue-490589.html?refresh_ce.
[xix] Carlo Jean, La Cina penetra nell’Europa centro-orientale e balcanica, Op. Cit.
[xx] Ivi.
Marco Maldera
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