RITA MIRCHIONI | Il debole governo israeliano, a poco più di un anno dalla sua nascita, è caduto: ad annunciarne la fine sono stati i fondatori dell’eterogenea coalizione di maggioranza, il Primo Ministro Naftali Bennett ed il Ministro degli Esteri Yair Lapid. Israele tornerà ai seggi – dalla fine di ottobre all’inizio di settembre, e per la quinta volta in poco più di tre anni – che apriranno probabilmente il 25 ottobre o al più tardi il primo novembre. La coalizione uscente, con Bennett alla testa, era riuscita a congiungere otto partiti di destra, di centro e di sinistra, oltre che a portare al governo il Ra’am, per la prima volta dal 1948, uno dei partiti che rappresentano la minoranza araba all’interno di Israele, per arrivare alla soglia minima di 61 deputati contro 59 dell’opposizione. Inoltre, l’esecutivo contava 27 Ministri, di cui 9 donne.
Tutti questi partiti erano tenuti insieme da un unico obiettivo comune: estromettere Natanyahu, leader del Likud ed ex Presidente, dal potere. “Nessuno dovrà rinunciare alla propria ideologia”, aveva detto Bennett cercando di spiegare come partiti con posizioni così distanti tra loro potessero governare insieme, “ma tutti dovranno rimandare la realizzazione di alcuni dei loro sogni. Ci concentreremo su ciò che può essere realizzato, piuttosto che discutere su ciò che non può”. [i]
L’elezione di Bennett segnava l’uscita di scena di Bibi Netanyahu, il più longevo Premier della storia di Israele, e per numerosi osservatori era la fine di un’era. In realtà, il leader del Likud, che ha guidato Israele per 15 degli ultimi 25 anni ed è ancora il leader più popolare del Paese, nonostante non sia riuscito a creare una coalizione di governo, non ha intenzione di andarsene. Passando dagli scranni della maggioranza a quelli dell’opposizione aveva giurato che sarebbe ritornato e dichiarato altresì che avrebbe fatto di tutto per far cadere questo governo “in men che non si dica”, a suo avviso frutto di una frode politica.[ii]
La fase di transizione verso le nuove elezioni non sarà gestita dall’attuale premier. Bennett, infatti, darà formali dimissioni, facendo entrare in carica per la gestione degli affari correnti Yair Lapid. Un modo per dare seguito al loro accordo del giugno scorso, il quale prevedeva per l’appunto una staffetta tra i due alla guida del governo. Lapid, da Premier in carica, accoglierà a luglio il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden in visita a Gerusalemme. Inoltre, Lapid gestirà anche il delicato dossier iraniano e dovrà tenere conto dei rinnovati timori per la sicurezza nazionale.
Indire nuove elezioni prima della sua scadenza naturale non è cosa automatica: serve il voto della Knesset. Questa mossa è utile per evitare che Netanyahu, che ha guidato con tenacia e ferocia l’opposizione, possa mettere insieme una maggioranza alternativa – usando dei transfughi dei partiti di governo – e riprendersi il potere senza passare per il voto. [iii] Ad aprile si erano registrate le prime avvisaglie di crisi: Idit Silman, parlamentare di Yamina, aveva ritirato il sostegno al governo per via del mancato rispetto della kasherut pasquale[iv] ebraica negli ospedali pubblici, in questo modo la coalizione non ha più avuto una maggioranza assoluta.
A provocare una crisi ulteriore c’erano dissidi su questioni care ai partiti della destra religiosa. Tuttavia, il vero motivo di tali diatribe è da ricercarsi nella figura di Netanyahu, il quale sperava di far cadere il Governo fin dalla sua creazione, riuscendoci ad appena una settimana dopo il suo primo anno di vita. Nonostante Bibi – come Natanyahu viene chiamato dagli Israeliani – fosse indebolito dai processi per corruzione, ha accusato Bennett, peraltro suo ex discepolo ealleato, di avere formato un governo “morbido” sul terrorismo, che avrebbe messo a rischio la sicurezza nazionale.
A peggiorare la situazione, negli ultimi mesi si sono verificati una serie di scontri tra israeliani e palestinesi, che hanno provocato molti morti e feriti; questi avvenimenti hanno riportato panico nella società israeliana, favorendo la caduta del governo, e spianando la strada al ritorno di Netanyahu.
Sullo sfondo di questa crisi, una legge sulla proroga dell’applicazione del diritto israeliano ai coloni, residenti nei territori palestinesi occupati: il disegno di legge riguarda un regolamento di emergenza che fu approvato nel 1967 alla fine della guerra dei Sei giorni, quando Israele estese il proprio territorio in Cisgiordania senza mai formalmente annetterlo, e che da allora è stato rinnovato ogni cinque anni senza alcun intoppo. Adesso il governo rischia di non essere in grado di emanare la legge e, di conseguenza, il destino degli abitanti della Cisgiordania e quello dei tre milioni di palestinesi che la abitano cadrebbe sotto la giurisdizione di un governo militare. Gideon Sa’ar, Ministro della Giustizia israeliano, ha detto che senza questi regolamenti l’intera area precipiterà nel caos e diventerà un rifugio per criminali.[v]
Sullo sfondo, oltre al problema senza fine del conflitto israeliano-palestinese, ci sono la guerra in Ucraina, per fermare la quale Bennett aveva tentato una mediazione, e l’attuale pandemia. Una cosa è certa: “Re Bibi” tenterà ancora una volta di tornare a ricoprire la carica di Premier che ha occupato per un totale di quindici anni. Siamo quindi di fronte ad una situazione di stallo, simile a quelle che si sono susseguite negli ultimi tre anni, in cui nessuno dei due blocchi otterrebbe la maggioranza, richiedendo la formazione di un governo di minoranza che riceva il sostegno di partiti esterni alla coalizione.
Intanto, all’interno delle diverse formazioni, il dibattito è aperto: Naftali Bennett, contrariamente alle voci che lo danno prossimo al ritiro dalla politica, sarebbe pronto a candidarsi ancora una volta come leader del partito della destra religiosa Yamina, ma secondo le stime le sue probabilità di superare la soglia elettorale sono scarse. Lapid, da parte sua, cercherà di posizionare il suo partito Yesh Atid come leader del blocco di centro-sinistra, anche a spese dei suoi attuali partner della coalizione, Partito Laburista e Meretz. Ma è a destra della mappa politica che si prepara il campo per una vera e propria battaglia. Se tra i partiti Haredi c’è agitazione per il deputato di estrema destra Itamar Ben-Gvir, la cui agenda politica sta guadagnando popolarità tra i giovani, nel Likud, dove presto si terranno le primarie, l’obiettivo dichiarato è boicottare il progetto di un abbassamento dello sbarramento elettorale. Una simile iniziativa – è timore condiviso – dividerebbe il blocco di destra e porterebbe alla nascita di nuove fazioni politiche.
Israele si trova di fronte all’ennesima campagna elettorale, mentre il Paese attraversa una nuova ondata di attacchi e violenze nei luoghi santi di Gerusalemme e un’escalation delle tensioni con l’Iran. Eppure, in un recente video pubblicato sui social, l’ex Premier Benjamin Netanyahu ha promesso che insieme ai suoi alleati formerà “un esecutivo allargato che ridurrà le tasse, condurrà Israele verso successi enormi, inclusa l’estensione dell’area della pace”. Un governo, ha aggiunto, “che restituirà a Israele il suo orgoglio nazionale”.[vi] Così, mentre i partiti religiosi ultraortodossi attribuiscono a un intervento divino lo scioglimento dell’esecutivo nato sotto lo slogan “tutti tranne Netanyahu”, una dura battaglia attende il Paese nei prossimi mesi: lo ha chiarito in un’intervista radiofonica Gideon Saar – attuale Ministro della giustizia ed ex alleato del leader del Likud – che ha promesso ancora una volta che “non siederà mai con Netanyahu”. [vii] Il leader del partito New Hope, Gideon Sa’ar, ha lanciato la sua campagna twittando: “L’obiettivo di queste elezioni è chiaro: impedire il ritorno al potere di Netanyahu e l’assoggettamento degli interessi del Paese al suo interesse personale”.[viii]
Fonte immagine di copertina: https://asia.nikkei.com/Politics/Israel-heads-to-election-as-PM-Bennett-steps-aside
[i] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ispitel-israele-lora-di-bennett-30839
[ii] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ispitel-israele-lora-di-bennett-30839
[iii] La casherut (o kasherùt, in ebraico: כַּשְׁרוּת?, letteralmente adeguatezza) indica, nell’accezione comune, l’idoneità di un cibo a essere consumato dal popolo ebraico secondo le regole alimentari stabilite nella Torah, come interpretate dall’esegesi del Talmud e come sono codificate nello Shulchan Aruk.
[iv] https://www.repubblica.it/esteri/2022/06/20/news/israele_cade_il_governo_bennett-354786245/
[v] https://www.ilfoglio.it/esteri/2022/06/11/news/netanyahu-vota-anche-contro-le-sue-leggi-per-riavere-il-potere-4095135/
[vi] https://it.euronews.com/2022/06/07/israele-sabotaggio-netanyahu-bennett-voto-diritti-coloni-knesset-elezioni-anticipate
[vii] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ispitel-israele-lora-di-bennett-30839
[viii] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/israele-ritorno-al-voto-35506
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